In nessuno dei processi che furono celebrati per il delitto Matteotti, in particolare quello serio fatto nel dopoguerra, Mussolini fu riconosciuto responsabile della morte del deputato veneto. Con una differenza, però: nel 1944 Mussolini salvò la vita del figlio del suo più acerrimo nemico, Giancarlo Matteotti, che stava per essere fucilato come partigiano, mentre Sofri continua a sputare veleno sul commissario Calabresi
– Silvio Cortina Bascetto –
Adriano Sofri, giornalista ed ex leader della più grande formazione della sinistra extraparlamentare comunista e rivoluzionaria chiamata “Lotta Continua”, fu condannato a ventidue anni di carcere per essere stato il mandante dell’uccisione del commissario Luigi Calabresi in servizio presso la Questura milanese, avvenuta il 17 maggio del 1972. L’assassinio di Calabresi, perpetrato a tradimento e sotto casa mentre questi usciva per recarsi al lavoro, voleva essere un esempio di giustizia proletaria nei confronti di un efficiente (e questa fu la sua vera colpa) funzionario di Polizia perché ritenuto responsabile della morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli mentre veniva interrogato in Questura perché sospettato dell’attentato alla Banca nazionale dell’Agricoltura del quale quest’anno ricorre il cinquantenario.
In realtà l’anarchico si sarebbe deliberatamente lanciato nel vuoto secondo una sentenza emessa dal tribunale milanese ad ottobre del 1975 e recante la firma di un magistrato che non aveva certamente simpatie destrorse, tant’è che ce lo ritroveremo senatore prima con l’Ulivo e poi con il PD: Gerardo D’Ambrosio.
Chiariti gli antefatti ritorniamo ad Adriano Sofri che di qui ventidue anni di carcere comminati dal tribunale dopo un regolare e lungo processo, non ne ha scontato molti in virtù di diversi artifizi e abbuoni di legge messi a sua disposizione dalla legislazione di quello “Stato imperialista” che egli voleva abbattere.
Ebbene, nel cinquantennale dell’attentato e della morte di Pinelli, Sofri ha avuto la faccia tosta di rilanciare ancora sospetti sull’operato del commissario Calabresi suscitando, così, le giuste ire di Maurizio Belpietro direttore del quotidiano La Verità, che in un articolo uscito ieri si è mostrato oltremodo indignato mentre si domandava se un individuo condannato come mandante di un omicidio poi possa permettersi di parlar anche male della sua vittima. Condividiamo lo sdegno di Belpietro e ci auguriamo di cuore che la vedova ed i figli del commissario assassinato trascinino di nuovo Sofri in tribunale. Per quel che vale…
Corsi e ricorsi della storia, cogliamo due “stridenti similitudini” tra l’assassinio di Calabresi e quello del deputato socialista Giacomo Matteotti avvenuto a Roma il 10 giugno del 1924. Mussolini fu, come Sofri, ritenuto per anni il mandante di quell’assassinio politico almeno in via indiretta. Al contrario di Sofri, però, in nessuno dei tre processi che furono celebrati per quel delitto, in particolare nel serio processo svoltosi nel dopoguerra, Mussolini fu mai riconosciuto responsabile della morte di Matteotti anche se questa avvenne per mano di fascisti. Con una differenza, però: come riportato dallo storico e giornalista Arrigo Petacco nell’opera “La Seconda Guerra Mondiale”, nel 1944 Mussolini avrebbe salvato la vita del figlio del suo più acerrimo avversario, Giancarlo Matteotti, che stava per essere fucilato come partigiano, mentre Sofri continua a sputare veleno sul commissario Calabresi… insomma ci voleva uno di sinistra per fare apparire Mussolini un uomo compassionevole e di stile!
L’unica conclusione possibile, a questo punto, è che in questo Paese, grazie a gente come Sofri, continua a diffondersi un montante clima di odio, un veleno che la Sinistra riesce a produrre in quantitativi industriali perché fa storicamente parte del suo DNA.
Il bello è che poi questa stessa Sinistra si mette pure ad organizzare le marce contro l’odio.