Al museo militare di Lešany non s’inneggia alla guerra, né si rivendicano primati tecnologici ma, anzi, si smitizza la guerra e la si riconduce alla sua terribile inutilità. L’emblema di questo spirito smitizzante è il carro armato sovietico IS-2M di 46 tonnellate dipinto di rosa, come per “punirlo” mediante una sorta di svirilizzazione cromatica e ridurlo così ad una parodia di tutte le macchine da guerra
– Romana Ježková –
Benché al quinto mese di gravidanza, anche quest’anno non ho voluto rinunciare all’onore di far da interprete, nel mio Paese di origine peraltro, all’amico e Tenente Colonnello in pensione Enzo Ciaraffa, già autore di un libro molto importante per la storia dei Legionari cecoslovacchi in Italia e che si titola appunto “I Cecoslovacchi sull’Olona”. Ciaraffa, infatti, è stato invitato, per la seconda volta, a Lešany dall’Associazione Nazionale Legionari Cecoslovacchi per presenziare all’apertura annuale del museo militare.
Non so voi, ma per una Ceca residente in Italia e in attesa di un figlio che sarà italo-ceco, recarsi in una solitaria località della Boemia Centrale e veder garrire sui pennoni il Tricolore dei nostri due Paesi mentre per i boschi circostanti si spandono i rispettivi inni nazionali, è un’esperienza da far scorrere miliardi di brividi lunga la schiena. Ma procediamo un po’ alla volta perché della bella lingua italiana non sono del tutto padrona e lo sono ancora meno di cose militari.
Lešany è un Comune della Repubblica Ceca che conta all’incirca 680 abitanti, un puntino appena percettibile, dunque, sulla carta geografica e, tuttavia, la località è famosa in tutto il mondo. Questo perché essa è sede di un museo militare che, assieme al museo dell’Aviazione Kbely di Praga, è il più importante del Paese per la qualità e la quantità dei pezzi conservati.
Il museo occupa l’intera area di un’ex base d’artiglieria situata tra i boschi di Lešany, un sito che se non fosse per la presenza di tante armi in esposizione (ormai innocue per nostra fortuna), potremmo definire perfino “ameno”. Però, il visitatore che ha la fortuna di accedervi deve trascorrervi almeno l’intera giornata perché Lešany ospita più di 700 pezzi tra carri armati, cannoni, motociclette, veicoli blindati, camion autovetture militari di svariati modelli e nazionalità, mezzi delle Trasmissioni e del Genio Militare, oltre a materiale logistico in uso dal 1890 ai nostri giorni.
A Lešany fa bella mostra di sé anche il Fiat – 18 BLR, prodotto dalla casa torinese nel 1917 per le esigenze dell’Esercito Italiano impegnato sul fronte della Grande Guerra e che – pensate un po’ – raggiungeva la strabiliante velocità per l’epoca di 25 chilometri all’ora! La tecnologia italiana vi è rappresentata anche da una moto da ricognizione e scorta Cagiva 350-W12 montante un motore monocilindrico a quattro tempi.
Il museo ha aperto i battenti il 25 maggio anche se quest’anno la cerimonia d’apertura è stata dedicata al ritorno a casa – stavolta in veste di messaggero di pace – di una macchina da guerra: l’obice Škoda7,5 cm Gebirgskanone prodotto nelle acciaierie ŠkodaWerke AKT – AG di Plzeň (Pilsen) dove si producevano armamenti per gli austro tedeschi.
L’obice che oggi è ritornato nella sua patria di origine rimase, però, per poco tempo al servizio dell’Austria perché nel 1915 fu catturato dagli italiani, probabilmente gli Alpini, e una volta inserito nel registro delle artiglierie italiane al numero 112/2794, per il Regio Esercito si trasformò semplicemente in Obice da 75/13.
Il paradosso fu che qualche pezzo del Gebirgskanone era ancora presente in Austria e in Italia, del tutto assente nel Paese che lo aveva ideato e prodotto. Ma, con la tipica tenacia dei militari, si posero sulle tracce dell’obice di Plzeň Jozef Špánik, ex Ufficiale di Complemento e all’epoca Consigliere d’Ambasciata della Repubblica Ceca in Italia, Enzo Ciaraffa e il Colonnello di artiglieria italiano in servizio attivo Mauro Arnò.
Fu, infatti, grazie alle indicazioni di questi due Ufficiali ed al loro aiuto iniziale che Špánik riuscì ad intraprendere la giusta strada per arrivare alla cessione del Gebirgskanone al mio Paese da parte del governo italiano. Il resto, la parte più importante in verità, l’hanno fatto l’Ambasciata Ceca in Italia, il Maggiore dei Carabinieri italiani Silvio Saponaro per conto del IV Reparto di Logistica e Infrastrutture dello Stato Maggiore della Difesa, il nostro Ministero per i Beni Culturali e l’Associazione Nazionale dei Legionari Cecoslovacchi.
Ecco perché quest’anno Lešany ha aperto i battenti con la presentazione ufficiale dell’obice inerte Gebirgskanone dono dallo Stato italiano, ecco il perché della esecuzione dell’Inno di Mameli e, a seguire, di quello ceco seguito da un colpo di obice a salve.
Al museo di Lešany – ed è questo che lo rende particolare – non s’inneggia alla guerra, né si rivendicano primati tecnologici ma, anzi, si smitizza la guerra e la si riconduce alla sua terribile inutilità. L’emblema di questo spirito smitizzante è il carro armato sovietico IS-2M di 46 tonnellate che pure è tristemente famoso nella Repubblica Ceca per essere stato, nell’agosto del 1968, il carro armato simbolo della repressione della “primavera di Praga” da parte della Russia sovietica per il tramite dei Paesi satelliti del Patto di Varsavia. Ebbene, questo modello di carro armato che i cechi di una certa età avrebbero il buon diritto di ricordare con astio, è stato semplicemente dipinto di rosa come per “punirlo” mediante una sorta di svirilizzazione cromatica e ridurlo così ad una parodia di tutte le macchine da guerra.
Dall’apertura del museo in poi è stato tutto un susseguirsi di eventi a stretto giro perché, nei due giorni a sua disposizione, Ciaraffa ha dovuto incontrare Sára Flemrová, la traduttrice del suo libro “I Cecoslovacchi sull’Olona” che, a cura dell’Associazione Nazionale dei Legionari Cecoslovacchi, sarà pubblicato nella Repubblica Ceca e in quella Slovacca. È seguita la visita a Palazzo Černín sede del Ministero degli Esteri Ceco che, grazie ad un Cicerone d’eccezione come il dottor Jozef Spanik, ci ha rivelato tutte le sue bellezze architettoniche e gli antichi segreti, qualcuno anche drammatico come la fine del Ministro degli Esteri Jan Masaryk trovato morto il 10 marzo del 1948 sotto la finestra del bagno del suo alloggio a Palazzo Černín.
Ma non è con questo triste ricordo che siamo usciti dal maniero voluto dal Conte Černín von Chudenitz, bensì con negli occhi la geometrica bellezza del suo giardino.
Ciao Praga, ahoj alla presentazione del libro “I Cecoslovacchi sull’Olona”.