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Al Bureau di Parigi i soldi, a Riad l’Expo, a Roma la monnezza

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Chissà perché l’assegnazione a Riad di Expo 2030 fa venire in mente il Qatargate, quando l’emirato del Qatar, che stava organizzando il campionato mondiale di calcio, per avere delle buone “recensioni” da parte del Parlamento Europeo distribuì valige di soldi ad alcuni europarlamentari

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Per ospitare l’Expo 2030 c’erano in lizza Riyad capitale dell’Arabia Saudita, Roma capitale d’Italia e Busan grande città portuale della Corea del Sud, ma la stragrande maggioranza dei Paesi facenti parte del Bureau International des Expositions di Parigi non ha avuto dubbi ad assegnarlo all’Arabia Saudita.

E, delusione a parte, fin qui ci poteva pure stare la scelta, nelle competizioni si può vincere e si può perdere, ma è il contorno e gli adombrati levantinismi del retrobottega a lasciarci l’amaro in bocca, a partire dai numeri che per l’immagine della capitale d’Italia nel mondo sono una specie di Caporetto: Riad ha preso 119 voti, Busan 29 e la caput mundi, la città che fino al 2019 ha contato la presenza di quarantasei milioni di turisti (dieci milioni in più di tutti gli abitanti del regno saudita), di voti ne ha presi soltanto 17… non hanno votato per Roma neppure i Paesi Europei!

Che cosa sia veramente successo ieri al Bureau International des Expositions di Parigi potevamo soltanto sospettarlo, almeno fino a quando il solitamente misurato ambasciatore Giampiero Massolo, presidente del nostro comitato promotore, ha fatto dei commenti al vetriolo che hanno accresciuto i nostri sospetti. Eccovene un significativo florilegio: «Se questo è quello che sceglie, a stragrande maggioranza, la comunità internazionale, significa che la scelta va al metodo transazionale [cioè ai soldi – nda], non transnazionale. Vale il principio dell’interesse immediato, vale il principio della deriva mercantile». Per carità, non vogliamo mettere le parole in bocca all’ambasciatore Massolo, né attribuirgli malevoli pensieri che sono tutti nostri ma, chissà perché, questa faccenda ci fa venire in mente il “Qatargate”, quando l’emirato del Qatar che stava organizzando il campionato mondiale di calcio, per avere delle buone “recensioni” dal Parlamento Europeo, distribuì alcune valige di soldi ad alcuni europarlamentari.

A risultato cognito, dal ministro degli esteri Tajani a Carlo Calenda, da Giuseppe Conte a Flavio Briatore, ognuno ha espresso la propria opinione sulla debacle parigina, ma quelle che ci lasciano perplessi sono le dichiarazioni del sindaco di Roma Roberto Gualtieri, perché sono puerili e fuori dalla realtà di una città che, così come è messa oggi tra immondizia non raccolta e cinghiali che scorrazzano per il centro, non potrebbe ospitare degnamente neppure il torneo internazionale di bocce: «È stata una brutta sconfitta […] Siamo amareggiati, il nostro progetto era molto bello ma i rapporti di forza hanno portato a un voto nettissimo, a una vittoria schiacciante per Riyad». Ebbene, senza volere andare a scomodare la “cagata pazzesca” di Fantozzi per le sue parole, sentiamo di poter dire che il sindaco Gualtieri ancora non si è reso conto di come lui e gli ultimi predecessori hanno ridotto la capitale d’Italia. E pensare che questo signore è stato pure ministro delle finanze.

(Copertina di Donato Tesauro)

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