A un negoziato Salvini verrebbe preso a calci da Zelensky
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Al momento il grande problema della Lega (e del governo) non è Giorgia Meloni, che continua a mietere consensi, ma Salvini perché, nonostante il suo zombare da una causa all’altra, nonostante stia tentando di ritagliarsi un improbabile ruolo nella partita russo-ucraina, al tavolo di un eventuale negoziato Salvini verrebbe preso a calci da Zelensky, ciò a causa del suo recente passato, di quando se ne andava in giro per la piazza Rossa indossando una t-shirt con la faccia di Putin stampata sopra
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Fino a poche ore prima di ordinarne l’invasione, in un colloquio con Emmanuel Macron nella duplice veste di capo di Stato e presidente di turno del Consiglio dell’Unione europea, Putin giurava di non aver nessuna intenzione di aggredire l’Ucraina.
Tutte le volte che l’uomo del Cremlino o il suo ventriloquo Sergej Lavrov fanno adombrare la possibilità di un negoziato per “il cessate il fuoco”, subito dopo fanno ripartire più forti di prima gli indiscriminati bombardamenti sulle indifese popolazioni ucraine.
Le fosse comuni di Bucha parlano di esecuzioni sommarie di cittadini inermi e ci ricordano le fosse di Katyn nelle quali, nel maggio del 1940, i russi invasori seppellirono i corpi di oltre 22.000 appartenenti alla classe dirigente polacca delle zone che essi avevano occupato, in combutta con Hitler, e uccisi con un colpo di pistola alla nuca secondo il marchio di fabbrica russo-sovietico.
Non c’è una trasmissione della televisione russa che non produca talk show sulla guerra, che definire orripilanti e mistificatori della realtà è un eufemismo; non c’è una volta che Putin parli senza minacciare questo o quel Paese del blocco europeo e occidentale, eppure in giro v’è ancora qualcuno che attribuisce del credito negoziale a questo bugiardo seriale oltre che delinquente internazionale perché non ci pensa due volte prima di aggredire i sui deboli vicini senza una ragione.
Uno dei bendisposti verso il dittatore russo – giusto per partire da casa nostra – è quell’appendice sub ombelicale che risponde al nome di Matteo Salvini il quale, all’insaputa del governo che peraltro sostiene da oltre un anno, se ne andava a cena con l’ambasciatore russo in Italia, Sergey Razov, mentre già da alcuni giorni i carri armati con la zeta sullo scafo stavano facendo a pezzi l’Ucraina, e la Nato e l’Ue decidevano le sanzioni da adottare. E affinché non ci fossero dubbi sul loro rendez-vous, l’ambasciatore ha poi rivelato alla stampa che Salvini sarebbe stato benaccetto a Mosca qualora avesse deciso di recarvisi.
Noi non sappiamo che cosa sia andato a proporre di preciso ai russi Matteo Salvini e, a non voler pensar male a proposito di un cavallo di ritorno per i famigerati (e mai individuati) rubli concessi da Putin alla Lega, troviamo che l’iniziativa sia stata piuttosto pericolosa in quanto ha aperto una falla nella tenuta del governo he è di tutt’altro orientamento operativo. Non a caso la vicenda è “attenzionata” dal Copasir. E come se non bastasse Matteo Salvini a far casino in questo momento storico già incasinato di suo, qualche settimana fa il ministro degli esteri Luigi Di Maio ha fatto pervenire al segretario generale dell’Onu un suo piano di pace che, a giudicare dalla velocità supersonica con il quale è stato affossato da tutte le parti interessate, doveva essere proprio come lui: scombiccherato. E poi, questo piano di pace poteva mai essere accettato da Putin stante che il suo elaboratore, Di Maio appunto, lo aveva appena definito un animale, precludendosi così ogni funzione terziaria indispensabile a un negoziatore?
Oddio, i maldestri dioscuri del primo governo Conte non sono i soli a pensare che con Putin si possa ancora ragionare, perché a riguardo essi sono in buona compagnia del presidente francese Macron e del cancelliere tedesco Scholz. V’è, però, un piccolo dettaglio: il primo dispone di una forza di dissuasione nucleare e, volendo, può smarcarsi dalla Nato, mentre il secondo dispone di una potenza economica che la Russia neppure si sogna e, difatti, un po’ colomba e un po’ falco si smarca spesso e volentieri dall’Unione Europea. E noi? Noi, non avendo i soldi per poterci dotare di un robusto dispositivo di difesa militare e non avendo più un’autonoma politica estera almeno dal 1945, per le nostre scelte e sicurezza siamo condannati ad andare a traino, a farci proteggere dal meno peggio dei bulli in campo, cioè dagli Stati Uniti.
Dunque, le posizioni di quei leader sovranisti, che (oggi meno di ieri in verità) strizzano l’occhio a Putin, come dire al più grande nemico del sovranismo altrui, sono fuori da ogni logica di posizionamento: la guerra in Ucraina – anche se dubitiamo che Salvini l’abbia capito – è scoppiata proprio perché la Russia intorno a sé vuole Stati satelliti e non certo sovranisti!
Eppure a noi non dispiacerebbe affatto se Salvini si recasse a trovare il tovarisch Putin, e ciò per una ragione molto semplice: ritornando, come sarebbe fatale, scornato in Italia da quella mission, che in una delle sue rare citazioni filosofiche azzeccate Di Maio ha definito “Papeete 2”, verrebbe fatto a pezzi in primis dal suo partito, dove molti capataz più capaci e ragionevoli del loro segretario non vedono l’ora di levarselo dalle balle – pur muovendosi in modo felpato – per non far ritornare la Lega alle percentuali da prefisso telefonico del recente passato.
E sì, perché al momento il grande problema della Lega (e del governo) non è Giorgia Meloni, che continua a mietere consensi, ma Salvini perché, nonostante il suo zombare da una causa all’altra, nonostante stia tentando di ritagliarsi un improbabile ruolo nella partita russo-ucraina, al tavolo di un eventuale negoziato Salvini verrebbe preso a calci nelle palle almeno da uno dei due negozianti, e la ragione di ciò è da ricercarsi nel suo passato recente: può essere un negoziatore gradito a Zelensky colui che se ne andava in giro per la piazza Rossa indossando una t-shirt con la faccia di Putin stampata sopra?
Ebbene, dopo aver dato forza e coraggio alla Nato con le sue mire espansionistiche e fatto crescere il numero dei Paesi che vorrebbero entrarvi, dopo aver “militarizzato” una congrega di bottegai come l’Unione europea, Putin faccia un altro miracolo e riceva quanto prima Salvini al Cremlino, così, quanto prima il leader leghista tornerà in Italia a mani vuote, e a mandarlo foeura di ball ci penseranno gli stessi leghisti. Una tale evenienza è, ormai, soltanto una questione di tempo, anzi è una questione di sopravvivenza della Lega perché il fu Capitano non sa più neppure quale sia la sua collocazione politica e, perciò, continuerà a far danni al suo partito e al nostro Paese.
A meno di non tenerselo in Russia, nel qual caso conosco molti italiani che, nonostante il brutto soggetto, andrebbero a piedi a Mosca per baciare la mano a Putin in segno di ringraziamento.
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